sabato 3 dicembre 2005

Pensiamoci su

Qualche giorno fa ho letto di un liceale statunitense che, arrivato in Italia per uno scambio fra scuole, si presenta entusiasta ai compagni dicendo: “non conosco l’italiano, ma non c’è problema perché parlo il latino”. Vi immaginate l’attimo di silenzio in classe? I ragazzi che non riescono a capire se devono ridere o no? Questo giovane a stelle e striscie atletico e sorridente (che, notate bene, nella sua città ha cambiato scuola perché la sua insegnante di latino  “non era abbastanza entusiasta”), non vede l’ora di arrivare in Italia per parlare latino e toccare con mano la nostra straordinaria antichissima cultura.


E cosa trova?


Trova un paese che, notizia di poche settimane fa, ha il più alto tasso di ignoranza d’Europa: sembra che i giovani italiani in età scolare abbiamo scarsissima capacità di leggere, scrivere e fare i conti, nonostante gli altisonanti titoli delle materie che studiano e i moderni metodi didattici di cui possono fruire.


Trova un paese in cui Dante lo leggiamo solo a scuola sbuffando, i sette re di Roma sono una filastrocca come i sette nani, e, a Roma, ci lamentiamo perché la metropolitana è uno schifo, sottoterra c’è pieno di reperti e non si può scavare la terza linea.


Ciò che il mondo ci invidia e per cui (forse) ci rispetta non è che una fasulla immagine pubblicitaria. Niente di diverso da quando sono andata in Scozia per scoprire che i famosi castelli non erano che finte ricostruzioni acchiappa-turisti.


Pensiamoci su.

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