domenica 23 luglio 2006

Ancora un po' di Meg

Meg -  naturalmente non è questo il suo vero nome -  è una donna che una donna come me può incontrare solo casualmente, fra i confini asettici di un luogo in cui le persone transitano sospinte da necessità riabilitative e in cui vivono lunghe ore in un’abitudine tanto quotidiana quanto transitoria.


Meg è una donna che viene da un paese straniero dal quale molte donne fuggono per ritrovarsi a lavorare nei nostri night. Con le sue fattezze e con ogni suo gesto sparge intorno a se lo stereotipo della sua storia ed io sono lì un giorno dopo l’altro a guardarlo, a raccoglierlo: bella donna dell’est fuggita dalla povertà per finire fra le braccia di farabutto che le fa vivere una vita pseudo agiata in cambio di sesso e percosse.


Vedere Meg riflessa accanto a me nello specchio - come me in pantaloncini e maglietta e uguale a me nella smorfia di dolore – mi porta a farmi delle domande, senza giudizi e senza buonismi, non voglio certo fare la retorica della prostituta vittima, ma piuttosto con una strana e cruda sincerità.


Mi chiedo come mi sentirei io se ad un certo punto della mia vita avessi scoperto che facendo danzare i capelli sul sedere potevo far impazzire qualcuno, potevo fargli desiderare il mio corpo fino a romperlo e ferirlo pur di lasciarvi il suo  marchio.


Mi chiedo come mi sentirei se ad un certo punto della mia vita avessi compreso, o accettato, che solo lasciando usare il mio corpo ad un uomo avrei potuto avere, avrei potuto fare, avrei potuto…


E infine mi chiedo: se avessi avuto questa storia come mi sentirei guardando una donna come me riflessa nello specchio? Cosa vorrei da lei?

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